Cerca

Premio della Società Italiana di Endocrinologia per il 2021 a Giovanni Corona dell’Azienda USL di Bologna

Pubblicato il 17/07/2021
Pubblicata su un’importante rivista scientifica una ricerca, risultato del lavoro di squadra tra endocrinologi e anestesisti-rianimatori dell’ospedale Maggiore

Venerdì 16 luglio, in occasione del 41° Congresso Nazionale della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) tenutosi a Roma, è stato conferito a Giovanni Corona, endocrinologo dell’Azienda USL di Bologna, il Premio alla carriera per l'anno 2021. Un riconoscimento riservato a coloro che si sono particolarmente distinti per l'attività scientifica e di ricerca nel corso della propria attività professionale.

“Ricevo questo prestigioso riconoscimento, desiderando condividerlo con tutta la mia equipe – commenta Giovanni Corona. In questi difficili mesi di emergenza sanitaria, infatti, la stretta collaborazione tra professionisti dell’Azienda AUSL ha permesso di raggiungere importanti risultati e di affrontare elevate complessità terapeutico-assistenziali dando prova di qualità nell’assistenza, frutto anche della ricerca che contraddistingue la sanità bolognese”.

È recente la pubblicazione di una ricerca scientifica, frutto dell’impegno congiunto dell’equipe di Endocrinologia, di anestesisti-rianimatori della Terapia intensiva dell’Ospedale Maggiore, avente come obiettivo lo studio del compenso glicemico in pazienti diabetici con infezione da Sars-Cov2.

Fin dall’inizio della pandemia covid-19 è stato infatti supposto che il diabete mellito e uno scarso controllo glicemico rappresentassero fattori di rischio cruciali per una maggiore mortalità e gravità di malattia in corso di infezioni da SARS-CoV2, a qualsiasi età. I motivi dell’andamento più aggressivo dell’infezione nella persona diabetica sono molteplici e includono, fra gli altri, la presenza di alterate risposte immunologiche e coagulative connesse al diabete mellito, specie se non adeguatamente controllato sotto il profilo metabolico. Nello specifico, uno dei cardini della terapia di supporto nel paziente covid è sempre stato legato all’uso di preparati a base di cortisone in grado di migliorare gli scambi respiratori e di ridurre, in virtù delle spiccate proprietà antiinfiammatorie, gli effetti negativi dell’infezione. Tuttavia, l’uso di questa tipologia di farmaci, specie nella persona diabetica, può comportare un peggioramento del compenso glicemico ed un’iperglicemia, riducendo di fatto i benefici attesi dalla terapia.

A fronte di queste prime evidenze scientifiche apprese sul fronte covid, è stata tempestivamente stretta una forte collaborazione tra l’UO di Endocrinologia, diretta da Alessandra Sforza e i professionisti impegnati in area critica coordinati da Nicola Cilloni e facenti capo al Dipartimento di Emergenza della Azienda AUSL di Bologna, diretto da Giovanni Gordini.

Tale cooperazione ha avuto come esito un ampio studio multicentrico Nazionale, coordinato da Giovanni Corona dell’Unità operativa di Endocrinologia dell’Azienda USL, realizzato in collaborazione con Federico Semeraro (della Unità operativa Rianimazione ed Emergenza Territoriale Bologna) i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su una della più importanti riviste endocrinologiche internazionali https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33616801/

Grazie a questo studio sono stati esaminati i dati della letteratura scientifica sui principali predittori di mortalità nei pazienti ospedalizzati per covid-19 e, analizzando una popolazione complessiva di oltre 35.000 pazienti e di circa 5.800 decessi, è emerso chiaramente come il diabete mellito rappresentasse il principale predittore di una prognosi infausta, indipendentemente dal sesso e dall’età del paziente.

Sulla base dei dati analizzati è stato quindi avviato uno studio clinico che ha coinvolto i professionisti della Terapia intensiva dell’Ospedale Maggiore per consentire una revisione dei protocolli di trattamento insulinico intensivo nei pazienti covid, diabetici, ricoverati in area critica ed ottimizzarne di conseguenza il profilo glicemico. Al momento, a fronte di un’approfondita discussione dei casi clinici, nonché di una formazione trasversale dei diversi professionisti operativi nell’assistenza ai pazienti in Area Critica, l’applicazione dei nuovi protocolli individuati ed applicati a partire dall’inizio dell’anno (dunque, in particolare durante la terza ondata covid) suggerisce un significativo miglioramento del compenso glicemico, nonché della prognosi dei pazienti coinvolti.

“La capacità di mantenere l’omeostasi del paziente intensivo è uno degli obiettivi principali dell’approccio rianimatorio – precisa Federico Semeraro, dell’Unità operativa di Rianimazione dell’AUSL, partecipando allo studio. Dal momento che il controllo della glicemia riveste un ruolo fondamentale nel trattamento intensivo, l'approccio multidisciplinare nella terapia di pazienti complessi - come quelli diabetici - ha consentito di migliorare la qualità delle cure intensive”.

“È opportuno ricordare che, a maggior ragione per un paziente diabetico, vaccinarsi significa difendersi da una patologia particolarmente aggressiva – precisa Alessandra Sforza, direttrice dell’Endocrinologia dell’ospedale Maggiore. Tra le misure di prevenzione più importanti – aggiunge – ci sono una sana alimentazione e un’adeguata attività fisica, che vanno associate al rispetto della terapia farmacologica e al monitoraggio della glicemia”.

“L’esperienza sviluppata al Maggiore ha mostrato come, anche dalla collaborazione tra endocrinologi e intensivisti, emerga il valore della multidisciplinarietà quando esso diviene pratica clinica quotidiana. Un altro degli insegnamenti che la passione e la dedizione di tanti ci consente di trasferire nella vita di tutti i giorni, che, priva o meno del covid, ha ora più strumenti per affrontare la delicata complessità nel trattamento dei pazienti critici” conclude Giovanni Gordini.

imdb / 249